lunedì 23 gennaio 2012

Palermo e il Museo archeologico regionale Antonio Salinas

Il Museo Archeologico Regionale "Antonio Salinas" ha sede a Palermo, in Sicilia, e possiede una delle più ricche collezioni d'arte punica e greca d'Italia, nonché testimonianze di gran parte della storia siciliana. Il museo, già Casa dei Padri della Congregazione di San Filippo Neri, è stato dedicato ad Antonio Salinas, celebre archeologo e numismatico palermitano. Fa parte del complesso monumentale dell'Olivella, che comprende anche la chiesa di San Ignazio e l'attiguo Oratorio. 

A seguito della legge sulla soppressione degli ordini religiosi del 1866, l'edificio, confiscato alla Congregazione, divenne sede del museo nazionale. Per la trasformazione l'edificio venne completamente stravolto dalla sua forma originaria  per andare incontro alle esigenze museali. Da quegli anni a oggi numerose sono state le trasformazioni che lo hanno interessato.
Al piano terreno, una sezione è dedicata ai reperti rinvenuti durante gli scavi subacquei
Alla sezione fenicio-punica appartengono due grandi sarcofagi antropomorfi del V secolo a.C., provenienti dalla necropoli di Pizzo Cannita (Misilmeri); vi sono anche sculture di divinità fenicie e stele votive
All'area archeologica di Selinunte, infine, sono dedicate alcune sale con la ricomposizione del frontone orientale con Gorgone del Tempio C, numerose metope con rilievi mitologici (Templi C ed E), sculture d’età arcaica e classica, la Tavola Selinuntina che celebra la ricchezza della città, le stele gemine del santuario di Zeus Meilichios.
In un altro ambiente sono custoditi i reperti provenienti da Himera, Altre sale raccolgono oggetti e sculture provenienti da Solunto, Megara Hyblaea, Tindari, Camarina ed Agrigento. Tra le opere di maggior rilievo artistico segnaliamo il grande Ariete di bronzo del III secolo a.C
L'epoca romana è, invece, documentata da una collezione di sculture e da mosaici staccati dalle ville di Piazza Vittoria a Palermo, nei cui pressi era certamente collocato il foro della città romana.  Anche le culture preistoriche presenti nelle grotte del territorio palermitano hanno avuto spazio nei locali del museo. 
Il museo è composto in parte da collezioni private acquistate o donate al museo stesso nel corso dei secoli.
Collezione del Museo dell'Università….Si tratta della collezione più antica e primo nucleo del museo, venne acquisita nel 1814 quando Giuseppe Emanuele Ventimiglia principe di Belmonte alla sua morte lasciò la sua collezione.
Collezione Antonio Salinas ….La collezione che diede il nome al museo, la più importante per dimensione con i suoi 6641 pezzi, venne ceduta al museo dallo stesso Salinas alla sua morte, avvenuta nel 1914, per mezzo di testamento. La collezione è composta da libri, manoscritti, stampe, fotografie, oggetti personali e circa 6000 monete.
Collezione "Pietro Bonci Casuccini"….Di grande interesse, infine, la collezione etrusca. È costituita da sarcofagi, cippi, statue-cinerarie, urne, ceramiche attiche a figure rosse e nere, bronzi e interi corredi funebri. Viene considerata la più importante collezione etrusca.

Museo archeologico regionale Antonio Salinas

Piazza Olivella, n°24 - 90100 Palermo

Tel: 091 6116805 - 6116806 - 6116807
Fax: 091 6110740

e-mail: urpmuseopa@regione.sicilia.it

giovedì 19 gennaio 2012

Palermo e la sua casa stregata Villa Caboto


A Mondello (Munneddu in siciliano), borgo marinaro e frazione di Palermo, località turistica, ai piedi di Monte Pellegrino e distaccata dalla città dal Parco della Favorita, è raggiungibile per mezzo dei tanti viali reali alberati c’è nella parte nord di Piazza Caboto, sorge questa vecchia casa chiamata appunto, dalla gente del luogo, Villa Caboto, la casa stregata cosi chiamata.
La villa si trova tra via Galea e l’hotel Palace, fu costruita negli anni ’40 e poi definitivamente abbandonata intorno agli anni ’80 ll passato della Villa è alquanto oscuro e misterioso, numerose sono le voci che circolano sul suo conto e molto le persone, capitate occasionalmente dentro la casa, che hanno vissuto inquietanti esperienze. Si dice che i componenti dell'ultima famiglia che vi ha vissuto siano morti tutti in modo violento e orribile.
Chi ha passeggiato durante la notte nelle vicinanze di Villa Caboto ha udito dei rumori inspiegabili provenire dall'interno: rubinetti che si aprono da soli, passi, mormorii e singhiozzi.
Un ragazzo ha detto di aver visto una luce provenire da una delle finestre, questo misterioso lume si accendeva e spegneva in continuazione.
Una giovane, capitata davanti all'ingresso della Villa, è finita misteriosamente in trance, i suoi amici non sapendo che fare hanno dovuto trascinarla via; in seguito, dopo essersi ripresa, la ragazza ha riferito di aver visto una vecchia che rideva davanti alla porta della casa, tutto questo mentre la invitava ad entrare.
Inoltre, chi entra nella Villa viene picchiato selvaggiamente da forze misteriose, e la cognizione del tempo di chi si trova all'interno si modifica, in ultimo si dice che la casa si muove e che sono i fantasmi a farla cambiare.
Realtà o leggenda, non si sa. Quel che è vero è che Villa Caboto, ogni volta che è stata affittata, è stata poi prontamente abbandonata nel giro di poche settimane perché i vari inquilini hanno raccontato di aver vissuto o sentito lì dentro cose inquietanti. Infatti, è da anni che l’edificio è in affitto e in vendita, ma nessuno si sogna di comprarlo o di andarci ad abitare…. Questi sono solo alcuni dei racconti che hanno oscurato la fama di Villa Caboto…

mercoledì 18 gennaio 2012

Santuario di Santa Rosalia informazioni pratiche per la visita


Il Santuario sorse su Monte Pellegrino nel 1625 attorno alla grotta dove secondo la tradizione furono ritrovati i resti di Santa Rosalia.

Il Santuario si trova in Via Pietro Bonanno-Monte Pellegrino - 90142 Palermo
Tel 091/540326 fax 091 6375286. 

ORARI APERTURA... 
mattina  dalle ore  7.30 alle  ore 12,30 ;
pomeriggio  dalle ore 14,00 alle ore 18,30   (19,30 ora legale)

ORARI SANTE MESSE...
feriale ore 17,00 (18,00 ora legale) 
festivo ore 11,00 - 17,00 (11,00 - 18,00 ora legale)

La S.Messa delle ore 11,00 viene celebrata per amici, Benefattori e devoti.
Le visite in GROTTA sono sospese durante le messe




Palermo con il suo Teatro Politeama

 Il Teatro Garibaldi o "Politeama" si trova sulla Piazza Ruggero Settimo (a sua volta usualmente denominata Piazza Politeama) al centro di Palermo. L’opera propone simmetrie con sinteticità espositive in sinergia ad equilibri neoclassici caratteristici degli Archi di Trionfo napoleonici, con gruppi bronzei di cavalli rampanti posti all'ingresso dell'edificio. 

"il tipo adottato nel Politeama Garibaldi è quello del teatro-circo, in cui però la forma semicilindrica del prospetto nasconde una sala a ferro di cavallo con due ordini di palchi ed un profondo loggione. L’architettura del Politeama sta nell’esaltazione della funzione sociale del teatro come "teatro del popolo" con l’enorme sala a ferro di cavallo (che nel 1874 poteva contenere cinquemila spettatori) con due file di palchi, dominata da una grande galleria articolata in due ordini.
L’ingresso è costituito da un arco di trionfo sormontato dalla quadriga bronzea di Apollo, opera di Mario Rutelli, cui s’affianca una coppia di cavalli bronzei di Benedetto Civiletti.
Nel 1865 il Comune di Palermo delibera la costruzione del Politeama, Il concorso interno viene vinto da Giuseppe Damiani Almeyda e i primi disegni di progetto vengono presentati a metà del 1866 e già a gennaio del 1867 sono in corso i lavori di scavo. 
Nel 1869 e 1870 sorgono dei problemi tra il Municipio e l’impresa Galland, ma si decide di proseguire l'opera, eliminando tutti i lavori di abbellimento. Il teatro era stato progettato come teatro diurno all’aperto, ma fu in un secondo tempo deciso di realizzare una copertura. Nel giugno 1874 fu inaugurato anche se incompleto e ancora privo di copertura, la prima rappresentazione fu I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini. Quest'ultima, considerata per l'epoca opera di grande ingegneria, venne realizzata in metallo dalla Fonderia Oretea nel novembre del 1877. Gli ultimi lavori, di abbellimento, furono realizzati nel 1891 in occasione della grande Esposizione Nazionale che si teneva quell’anno a Palermo.
Dal 1910 al dicembre del 2006 il Ridotto del teatro ha ospitato la Galleria d'arte moderna di Palermo che viene successivamente spostata al Palazzo Bonet.  Nel 2000, in occasione del G8 ospitato in città, vengono stati realizzati i restauri delle decorazioni pompeiane policrome dei loggiati. Dal 2001 il teatro è sede dell’Orchestra Sinfonica Siciliana. A partire dall'estate del 2011 iniziano i lavori di restauro della facciata posteriore del teatro. Tale restauro viene affidato alla ditta Sidoti, i lavori di restauro vengono eseguiti da una equipe di tecnici restauratori altamente qualificati: Cesare Pontosa, Rosalba Gambino, Giuseppe Di Ganci.



venerdì 13 gennaio 2012

Palermo i mercati storici



Palermo conserva ancora gran parte del suo aspetto mediterraneo nei vari mercati storici disseminati nella città: i più caratteristici sono la Vucciria, Ballarò e Il Capo.



La Vucciria si estende tra via Roma, la Cala e il Cassaro, all'interno del mandamento Castellammare. La vicinanza al porto cittadino stimolò l'insediamento di mercanti e commercianti genovesi, pisani, veneziani sin dal XII secolo. La presenza di numerosi artigiani si riscontra tuttora nella toponomastica. Il termine Bucceria deriva dal francese boucherie, "macelleria". Il mercato era infatti inizialmente destinato al macello ed alla vendita delle carni. Successivamente divenne un mercato per la vendita del pesce, della frutta e della verdura. Anticamente era chiamato "la Bucciria grande" per distinguerlo dai mercati minori.
"Vuccirìa" in siciliano significa "Baccano". Oggi, la confusione delle voci che si accavallano e delle grida dei venditori (le abbanniati) è uno degli elementi che, maggiormente, caratterizza questo mercato palermitano. 
Ballarò è il più antico tra i mercati di Palermo e si estende  lungo le via Carini e Beati Paoli, la via di Sant'Agostino e la via Cappuccinelle. Uno degli ingressi principali al mercato è quello di Porta Carini, nei cui pressi è il Palazzo di Giustizia. Caratteristico è il nome di alcune delle strade che si trovano in questa zona: via "Sedie volanti", via "Scippateste", via "Gioia mia". È un animatissimo mercato alimentare; i colori, l'animazione delle bancarelle caratterizzano la vivacità di esso rendendolo attivo tutti i giorni, dando la possibilità di acquistare sia generi alimentari sia altre mercanzie. È uno dei più pittoreschi mercati di grascia, cioè d'alimentari. I prodotti venduti provengono dalle campagne del palermitano.
Il Capo si sviluppa nel cuore dell'omonimo quartiere: conserva elementi popolari del tipico mercato mediterraneo. Altri mercati storici a Palermo sono il mercato delle Pulci e quello dei Lattarini. Da citare c'è anche un mercato dell'usato allestito a Piazza Marina. 


Il Mercato delle Pulci è un noto mercato dell'antiquariato italiano e in particolare di quello siciliano; Organizzato con baracche in lamiera, e in mostra permanente, Si trova nei pressi della Cattedrale di Palermo, accanto alla Piazza del Papireto, chiamata così per via del laghetto dei papiri che si formava proprio nelle vicinanze, dove si incontravano i fiumi che solcavano la città vecchia, il Kemonia e il Papireto.





lunedì 9 gennaio 2012

Monte Pellegrino fra fauna flora e rari animali

Il Monte Pellegrino è un promontorio in forma di vera e propria montagna calcarea, alta 609 metri s.l.m., che chiude a Nord il Golfo di Palermo e a Sud il Golfo di Mondello. ha i ripidi fianchi segnati da grotte e fratture millenarie. I viaggiatori del passato, primo fra tutti Goethe, lo definirono “il promontorio più bello del mondo”, anche perché vi riscontrarono quei magici contrasti, maestosità e dolcezza, che erano tanto amati nel Settecento e nell'età del Romanticismo.

Il Monte Pellegrino non è un semplice promontorio come potrebbe pensare chi lo osserva da Palermo, ma un vero e proprio massiccio montuoso, caratterizzato da fianchi ripidi ricchi di grotte, e da una orografia estremamente movimentata, ricca di pianori praticabili, caratterizzati da fenomeni di Carsismo per cui le acque non scorrono in superficie ma filtrano in numerosissimi anfratti per poi riapparire come sorgenti. Il massiccio montuoso visto dall'alto presenta forma allungata, i due lati maggiori guardano l'uno il mare, l'altro la piana verso l'interno. Il lato corto che guarda ad est è quello, celeberrimo, verso Palermo. 
La Riserva naturale orientata Monte Pellegrino è una riserva naturale regionale della Sicilia istituita nel 1996, situata nel territorio del comune di Palermo. La prima misura di tutela risale alla fine del XVIII secolo, per iniziativa di Ferdinando di Borbone il quale, con un editto reale, espropriò una area di circa 400 ettari, per dedicarla ad attività di sperimentazione agricola e ad una riserva di caccia. La Riserva, estesa 1.050 ha, comprende l'intero massiccio del Monte Pellegrino e la Real Tenuta della Favorita. Il Monte Pellegrino è un massiccio montuoso di rocce carbonatiche con prevalenza di calcari, alto 606 metri s.l.m, caratterizzato da una orografia estremamente movimentata, ricca di pianori praticabili, e con fianchi ripidi ricchi di fenomeni di carsismo, con ben 134 grotte di origine marina e/o carsica. L'area è inserita nel sito di interesse comunitario.
I costoni scoscesi del promontorio ospitano specie botaniche tipiche delle rupi costiere ('alloro, orniello, il sommacco, l'olivastro, l'alaterno ecc). Il sottobosco ospita splendide orchidee, quali per esempio l'endemica Ophrys lunulata, specie prioritaria secondo la direttiva Habitat della Unione Europea (codice 1905). Parte dell'area della Real Tenuta della Favorita è infine occupata da zone coltivate (agrumeti, orti, frutteti, campi agricoli sperimentali) e da zone rimboschite a conifere.
Tra i mammiferi presenti nel parco ci sono la volpe, la donnola, l'arvicola del Savi e il coniglio selvatico. Nelle grotte segnalatala presenza del pipistrello Rhinolophus ferrumequinum.
La Riserva ospita oltre 40 specie di uccelli. Tra i rapaci, oltre al falco pellegrino, a cui il monte deve la sua denominazione, il gheppio, il barbagianni, l'assiolo e la civetta; l'area è inoltre sulla rotta migratoria del falco pecchiaiolo. Altri uccelli osservabili sono il passero solitario ed il crociere.
Tra gli anfibi merita di essere menzionata la presenza di due endemismi: il discoglosso dipinto e il rospo smeraldino siciliano, di cui esiste una numerosa colonia che si riproduce nei pressi del Gorgo di Santa Rosalia, una pozza naturale che sorge non distante dall'omonimo Santuario.
Interessanti endemismi si annoverano anche nella malacofauna quali gli endemici Cornu mazzullii e Marmorana platychela.
La riserva è attraversata da una strada carrozzabile asfaltata cui si può accedere da Mondello Valdesi e da piazza Generale Cascino e inoltre esistono poi numerosi accessi pedonali tra cui: Scala vecchia, Sentiero della Valle del Porco, Sentiero della Rufuliata, Sentiero per la Grotta Niscemi e per la Roccia dello Schiavo, Scaletta della Perciata.
Altri punti di interesse sono:il Santuario di Santa Rosalia, il Gorgo di Santa Rosalia, Casina di Caccia,Fontana monumentale dedicata a Ercole, le Scuderie Reali, Le torri borboniche,  Il Vivaio Comunale,  le Grotte dell'Addaura e Niscemi,Valle del Porco e Bosco di Niscemi e S. Pantaleo. 
 

domenica 8 gennaio 2012

Palermo alla riscoperta dell'Orto Botanico


L'Orto botanico di Palermo è una istituzione museale e didattico-scientifica del Dipartimento di Scienze Botaniche dell'Università di Palermo, che vi ha sede. Adiacente a Villa Giulia, vi si accede da via Lincoln, 2 al confine del quartiere Kalsa di Palermo.
Il Giardino accoglie oltre 12.000 specie differenti di piante.
La sua origine risale al 1779, anno in cui l'Accademia dei Regi Studi, istituendo la cattedra di Botanica e Materia medica, le assegnò un modesto appezzamento di terreno per insediarvi un piccolo Orto botanico da adibire alla coltivazione delle piante medicinali utili alla didattica e alla salute pubblica.
Questo primo Orto ben presto si rivelò insufficiente alle necessità e nel 1786 si decise di trasferirlo in quella che è la sede attuale, presso il Piano di Sant'Erasmo, all'epoca tristemente famoso in quanto sede dei roghi della Santa Inquisizione.
Nel 1789 fu iniziata la costruzione del corpo principale degli edifici dell'Orto, costituiti da un edificio centrale, il Gymnasium, e da due corpi laterali, il Tepidarium e il Calidarium, progettati in stile neoclassico dall'architetto francese Léon Dufourny.
Vicino al Gymnasium si trova la porzione più antica dell'Orto, detta Sistema linneo, anch'essa progettata dall'architetto Léon Dufourny con uno schema rettangolare suddiviso in quattro parallelogrammi. Su indicazione del padre francescano Bernardino da Ucria, insigne botanico, in questa porzione del giardino le specie furono disposte secondo la tassonomia linneana, sistema di classificazione sviluppato da Carl von Linné ed esposto negli aspetti riguardanti la botanica nel 1753 in Species Plantarum.
Il nuovo Orto fu inaugurato nel 1795 e nel 1798 si arricchì dell'Acquarium, una grande vasca in cui prosperano numerose specie di piante acquatiche.
Nel 1823 fu completata la Serra Maria Carolina. Il grande Ficus magnolioide, che costituisce il simbolo del moderno Orto, fu importato nel 1845 dalle Isole Norfolk (Australia).
In seguito a successivi ampliamenti, nel 1892 fu raggiunta l'attuale estensione di 10 ettari circa.
Nel 1913 gli fu affiancato un Giardino coloniale poi soppresso. Dal 1985 l'Orto è in affidamento al Dipartimento di Scienze Botaniche dell'Università di Palermo.
Nel 1993, nel contesto di un progetto per la salvaguardia del patrimonio genetico della flora dell'area mediterranea è stata istituita la banca del germoplasma.




Gastronomia Palermitana la muffoletta


La muffoletta a Palermo, fin dai tempi antichi rappresenta l’insolita prima colazione del 2 Novembre: la “festa dei morti”. Questa pagnotta molto amata dai palermitani, in questo giorno viene preparata con un diametro più grande della pagnotta utilizzata solitamente  per il pane e panelle o con la milza.
Ancora calda, morbidissima e profumata, cosparsa di croccante sesamo e condita con olio extravergine d’oliva sarde salate, origano, caciocavallo e  pepe, è tutt’oggi una semplicissima prelibatezza che ricorda le antiche tradizioni della cucina siciliana. Nel vocabolario siciliano muffuletta o muffulettu  è un pane mollo e spugnoso e ciò fa pensare che l’etimologia potrebbe essere di origine francese (mou: molle). 
In origine si chiamava Muffulettu, e la sua storia è così antica che viene datata a prima del Romano Impero, quando i maestri del pane siciliani forgiavano i propri impasti mescolando le loro ricette a quelle di origine ellenica e mediorientale.
A Palermo invece era ed è ancora usanza farcirla con ricotta, acciughe e olio d’oliva nuovo e consumarla a colazione il mattino del 2 novembre, una volta trascorsa la notte di congiunzione tra i vivi e i morti.
Ingredienti per la muffoletta
500 grammi farina Manitoba; 500 grammi farina di grano duro (rimacinata); 20 grammi di lievito di birra; Un cucchiaio di miele; 10 grammi di malto per panificazione; 500 ml acqua; 1/2 bicchiere d’olio; 20 grammi di sale; Semi di sesamo q.b
Ingredienti per il condimento
Olio extravergine d’oliva; Sale e pepe q.b. origano; Caciocavallo semistagionato grattugiato a fili; Sarde salate (secondo i vostri gusti)
Procedimento
Per l’impasto sarebbe ideale l’utilizzo di una planetaria( impastatrice)
Mettere nella planetaria le farine setacciate e il malto, il lievito spezzettato e il miele e aggiungere tutta l’acqua. Far lavorare e,  appena l’impasto sarà incordato, aggiungere l’olio poco per volta fino a completo assorbimento, aggiungete il sale poco per volta, far lavorare per qualche minuto e togliere l’impasto dall’ impastatrice avendo cura di spolverarvi le mani e il piano di lavoro con un po’ di farina. Formare una pagnotta, praticare una taglio a croce sulla parte superiore  e mettere a lievitare per due ore in luogo tiepido ricoprendo con una pellicola da cucina.
Trascorso il tempo staccare pezzetti di pasta, arrotolarli con il palmo delle mani, sul piano di lavoro infarinato, in modo da formare dei panetti rotondi di circa 100 grammi.  Spennellarli con poca acqua e cospargete con i semi di sesamo, pressandoli leggermente sulle pagnottine, quindi depositarli su teglia foderata con carta da forno e rimettere a lievitare per una mezz’oretta in luogo tiepido, ricoprendo sempre con pellicola da cucina. A completamento della seconda lievitazione mettere in forno preriscaldato a 200° per 10/15 minuti e comunque fino a completa doratura della muffoletta. Togliere dal forno e prima di condirle aspettare che raggiungano la temperatura ambiente.


Il Cannolo tradizione siciliana


I  cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana.
In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.
Si compone di una cialda di pasta fritta (detta scòrza e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ed un ripieno a base di ricotta di pecora. Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto, oggi anche in grassi meno costosi.
Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ottenuti ritagliando normali canne di fiume, che diedero così il nome al dolce.
Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, ma recentemente alcune pasticcerie hanno iniziato a sostituirla con ricotta di mucca, pur meno saporita di quella ovina, ma ritenuta da alcuni più delicata e digeribile. Si trovano anche altri ripieni, come la crema pasticcera o la crema di cioccolato. Ci sono poi differenze locali, che prevedono l'aggiunta di pezzi di cioccolato, di canditi, di granella di pistacchi o nocciole. Il cannolo farcito viene poi spolverato di zucchero a velo.
I cannoli vanno riempiti al momento di mangiarli; questo perché, con il passar del tempo, l'umidità della ricotta viene assorbita dalla cialda facendole perdere la sua croccantezza. Per evitare questo inconveniente, alcuni pasticcieri rivestono la superficie interna del cannolo con cioccolato fuso: in questo modo, l'involucro non si impregna rimanendo croccante per più tempo. La nascita dei cannoli sarebbe avvenuta a Caltanissetta, antica "Kalt El Nissa" che in arabo significa "Castello delle donne", a quei tempi sede di numerosi harem di emiri saraceni. L'odierno cannolo siciliano sarebbe nato da allusioni sessuali: il suo antenato potrebbe essere un dolce a forma di banana, ripieno di ricotta, mandorle e miele.
Le favorite dell'emiro, mentre erano rinchiuse nel castello di Caltanissetta, si dedicavano anche alla preparazione di dolci, e avrebbero "inventato" il cannolo, allusione evidente alle "doti" amatorie del sultano. Un'altra fonte, invece, tramanda che i cannoli siano stati preparati per la prima volta in un convento sempre nei pressi di Caltanissetta, dove delle suore rispettose del voto di castità, non lo erano così tanto di fronte al piacere voluttuoso offerto dal magnifico dolce. Altra ipotesi consegna la nascita dei cannoli all'antica città di Terranova, ora Gela, dove la pregiatezza della ricotta si unì a uno dei migliori pani in Italia.
Come preparare  in modo rapido e semplice i cannoli siciliani.
150 g di farina "00"; 500 g di ricotta di pecora fresca; 15 g di cacao in polvere; 1 cucchiaio di Marsala; gocce di cioccolato; 270 g di zucchero; 20 g di burro; mezzo litro di olio di semi; zucchero a velo; 1 uovo
Per l'impasto delle "scorce"
Mettere la farina in un ampio recipiente. Ricavare, con le dita, un buco centrale e collocarvi il burro. Aggiungere l'uovo, il cacao e il Marsala. Impastare con le mani fino a ottenere una pasta elastica, lavorabile, ma non troppo morbida. Lasciare riposare in frigorifero per 2 ore.
 Per la farcitura... Raffinare la ricotta passandola in un setaccio per rendenderla più cremosa. Aggiungere lo zucchero e mescolare per amalgamare il composto. Aggiungere le gocce di cioccolato. Per chi li ama, si possono aggiungere anche dei canditi.
Per i cannoli...Estrarre la pasta dal frigo dopo 2 ore. Stendere la pasta con un mattarello fino a raggiungere una sfoglia sottile. Aiutarsi con la farina per evitare che l'impasto si attacchi al mattarello. Ritagliare dei quadraticon un coltello. Avvolgere i quadrati sulle forme per cannolo, pressando bene i punti di giuntura.
Procedimento...Mettere a scaldare l'olio di semi in un'ampia padella. Friggere le scorce con la forma inserita, girando di quando in quando finché la cottura non è ultimata. Una volta dorate, estrarle dall'olio e deporle su carta assorbente affinché rilascino l'olio in eccesso. Estrarre le formine dalle scorce e riempirle con la crema di ricotta preparata in precedenza. Spolverare con zucchero a velo.




sabato 7 gennaio 2012

Palermo e la sua patrona Santa Rosalia (u fistinu)


Santa Rosalia, patrona di Palermo.
La Festa di Santa Rosalia (u fistinu in siciliano)
Secondo alcuni studi di agiografi locali, Rosalia, figlia del duca Sinibaldo di Quisquina delle Rose, nipote per parte di madre di re Ruggero d’Altavilla, crebbe nel XII secolo alla corte dello zio, a Palermo. Era molto bella e suscitava interessi terreni, fra i tanti quello del principe Baldovino, all’epoca ospite di riguardo alla corte di Ruggero. La leggenda narra che, durante una battuta di caccia grossa, sul monte Pellegrino, la montagna sopra Palermo, un leone stava per uccidere re Ruggero; Baldovino, coraggiosamente, lo salvò uccidendo il leone. Re Ruggero chiese a Baldovino di indicare egli stesso un premio per la sua eroica azione, e quest’ultimo chiese la mano di Rosalia, che, in seguito alla proposta di matrimonio, fuggirà gettando nello sconforto la madre, lo zio e l’intera guarnigione di stanza a Palazzo Reale (o dei Normanni). 
Vissuta per poco tempo alla corte di Ruggero II, in seguito alla morte del re, chiese ed ottenne il permesso di vivere da eremita in una grotta sul monte Quisquina, dove trascorse dodici anni della sua vita. Successivamente, si trasferì in una grotta sul monte Pellegrino, dove visse “a vita di contemplazione” fino alla morte. Il suo culto si collega ad un evento particolare accaduto a Palermo in occasione di un’epidemia di peste. Il 7 maggio del 1624, infatti, attraccò nel porto della città un vascello proveniente da Tunisi, che in precedenza era approdato a Trapani e lì era stato sequestrato perché l’equipaggio era stato sospettato di essere stato contagiato dal morbo. Ben presto era stato dato l’allarme ma il viceré, mal consigliato, si lasciò convincere e fece scaricare dal vascello il carico, mentre il comandante, Maometto Cavalà, insieme con il guardiano del porto, si recò a Palazzo Reale per portare i doni a Sua Altezza Serenissima: cammelli, leoni, gioielli e pelli conciate, inviate dal re di Tunisi. “E si vedeva per tutta la città per tutto il mese di maggio e quasi il 15 giugno morire un gran numero di persone”. 
Palermo si trasformò in un lazzaretto sotto il cielo. Il resto è leggenda, mito e prodigio. Nonostante le infinite preghiere della cittadinanza e le processioni, le quattro co-patrone della città - Santa Cristina, Santa Ninfa, Sant’Oliva e Sant’Agata - non erano riuscite a fermare la peste. Il miracolo, invece, fu attribuito alle reliquie di Santa Rosalia, le quali, portate in processione, impedirono l’ulteriore diffondersi dell’epidemia. Secondo le testimonianze storiche, infatti, Vincenzo Bonelli, un saponaio di via dei Pannieri, che aveva perduto per la pestilenza la moglie, salì sul monte Pellegrino per una passeggiata; smarritosi in seguito a un temporale, gli apparve la visione di Rosalia che, in dialetto palermitano, gli chiese di avvertire il vescovo, cardinale Giannettino Doria, che le ossa ritrovate poco tempo prima nella caverna dove ella era vissuta da eremita, erano le sue: se fossero state portate in solenne processione lungo le strade della città, la peste sarebbe scomparsa. 
Poste in un sacco, tra fiori, candele accese e canti, i resti mortali di Santa Rosalia, trasportati per le vie della città, fecero il miracolo. L’etnologo dell’800 Giuseppe Pitrè così descrive la processione delle reliquie della santa, ritrovate il 15 luglio 1624: “Al loro passaggio il male si alleggeriva, diventava meno intenso, perdeva la sua gravità. Palermo, in breve, fu libera, e, in attestato di riconoscenza a tanto beneficio, si votò a lei, celebrando in suo onore feste annuali che ricordassero i giorni della liberazione. La grotta del Pellegrino divenne Santuario, ove la pietà d’ogni buon devoto si ridusse a venerare l’immagine della Patrona”. I tributi festivi votati al culto di Santa Rosalia, patrona di Palermo, ebbero inizio dopo il ritrovamento delle ossa, avvenuto il 15 luglio del 1624. Dal 1624, ogni anno dal 9 al 15 luglio, Palermo festeggia la patrona, la Santuzza, con un “festino” della durata di sette giorni; mentre il 4 settembre, dies natali della santa, ha luogo il pellegrinaggio alla grotta del monte Pellegrino dove ella visse a vita di contemplazione, e dove è stato edificato in suo onore un santuario; 
nello stesso giorno si visita la cappella della Cattedrale di Palermo, in cui è custodita la statua della santa che, secondo l’iconografia popolare, è rappresentata giovanissima, con una corona di rose bianche sul capo, in contemplazione davanti al Crocifisso che sarebbe lo specchio nel quale la santa vide riflessa l’immagine di Cristo. Il Festino rappresenta un momento storico per la città, e all’origine comprendeva tante manifestazioni che, tra sacro e profano, tra mito e leggenda, coinvolgevano tutti gli strati sociali, in una devota esaltazione della santa patrona di Palermo. 
Il Festino comprendeva, oltre alla sfilata del Carro, i fuochi pirotecnici che si tenevano alla Marina e la processione dell’urna con le reliquie della santa (momenti che si svolgono ancor oggi).
Inoltre, si svolgevano una lotteria chiamata Beneficiata, la corsa dei cavalli berberi per le vie della città e la tradizionale novena cantata dai cantastorie, gli Orbi, che, accompagnati dal violino, cantavano in versi siciliani la storia della Santuzza
 Attualmente, il Carro è lungo circa 9 metri e largo 6 con un’ altezza di circa 10 metri. Esso può ospitare quaranta persone, costituite dagli orchestranti e dal coro, e in cima trova posto la statua della Santuzza circondata da nuvole, angeli e putti. Spesso, nelle processioni, il Carro viene preceduto da carri minori, detti “macchinette”, che rappresentano scene della vita della Santa.



 

mercoledì 4 gennaio 2012

Isola delle Femmine fra fascino e sirene


Isola delle Femmine (Isula in siciliano) è un comune italiano di 7.296 abitanti della provincia di Palermo in Sicilia
Il comune deve il nome all'isolotto che gli sta di fronte chiamato appunto Isola delle femmine. Diverse leggende hanno subito il fascino esercitato dalla torre ormai in gran parte diroccata che sovrasta l'isolotto. Quella più conosciuta considera erroneamente la torre come prigione per sole donne. In realtà il nome "isola delle femmine" è frutto di un lungo processo di italianizzazione, infatti l'antico nome dell'isolotto, secondo la tradizione popolare, era "insula fimi", anch'esso frutto di un processo di omologazione e derivato da "isola di Eufemio", dal nome del generale Eufemio di Messina.
Sia la torre sulla terraferma, detta Torre di "dentro", sia quella sull'isolotto, detta Torre di "fuori", facevano parte del sistema di avviso delle Torri costiere della Sicilia. Quella sulla terraferma è sicuramente la più antica, di forma circolare; la tipologia del manufatto la fa risalire a quelle coeve di Capo Mongerbino e di Capo Rama, probabilmente costruite nel '400 al tempo del re Aragonese Martino il giovane. Quella sull'isolotto è invece di tipologia riconducibile all'architetto fiorentino Camillo Camilliani, molto più noto per essere stato l'artefice della Fontana Pretoria a Palermo.
Attualmente l'isola è una riserva naturale orientata gestita dalla LIPU.
Diverse sono le versioni cui le tradizioni popolari attribuiscono il nome dell'isola. Si narra che il bellissimo isolotto denominato "Isola delle Femmine" fosse stato un tempo una prigione occupata solo ed esclusivamente da donne. Tredici fanciulle turche, essendosi macchiate di gravi colpe, furono dai loro congiunti imbarcate su una nave priva di nocchiero e lasciate alla deriva. Vagarono per giorni e giorni in balìa dei venti e delle onde finché una tempesta scaraventò l'imbarcazione su un isolotto nella baia di Carini. Qui vissero sole per sette lunghi anni fin quando i parenti, pentitisi della loro azione, le ritrovarono dopo molte ricerche. Le famiglie così riunite decisero di non fare più ritorno in patria e di stabilirsi sulla terraferma. Fondarono quindi una cittadina che in ricordo della pace fatta, chiamarono Capaci (da "CCa-paci" ovvero: qui la pace) e battezzarono l' isolotto sul quale avevano dimorato le donne "Isola delle Femmine". 

Una testimonianza di Plinio il Giovane in una lettera indirizzata a Traiano, considera l'isola residenza di fanciulle bellissime che si offrivano in premio al vincitore della battaglia. Altra presunta origine trova nel nome latino "Fimis" la traduzione dell'arabo "fim" che indicherebbe la bocca, il canale che separa l'isola dalla costa. Secondo altri autori il nome dell'isola deriverebbe da "Insula Fimi" in riferimento ad Eufemio di Messina, governatore bizantino della Sicilia.
L'isolotto di Isola delle Femmine è stato considerato sin dall'antichità e per tradizione un luogo da impiegare a scopo economico e difensivo grazie alla sua posizione e conformazione, che lo rende un sicuro riparo contro i venti di levante per le piccole imbarcazioni. L'isolotto si trova, infatti, a 300 metri dalla costa ed ha una conformazione ovale dovuta all'erosione dei forti venti che spirano nella zona. Dal promontorio dell'isola si possono vedere il monte Pellegrino, il promontorio di Capo Gallo, l'isola diUstica e i comuni di Carini, Isola delle femmine e Capaci. Dato che il terreno, per la particolare configurazione del suolo, non era adatto alla coltivazione, l'unico mezzo di sostentamento per gli abitanti della zona era la pesca. Non distante infatti in quelle acque vi era stagionalmente il passaggio dei tonni e ben presto i pescatori della vicina Capaci si organizzarono per la pesca del tonno. Risalgono al periodo ellenistico i resti di sette vasche in cocciopesto per la preparazione del garum, una ricercata salsa di pesce, commerciata nel Mediterraneo: la traccia di uno stabilimento per la lavorazione del pesce rende il luogo importante dal punto di vista archeologico.
Il ritrovamento nel mare antistante di ceppi di ancore in piombo e resti di anfore puniche e romane accresce il valore del sito. La torre di Fuori, costruita in prossimità del punto più alto dell'isola (35 m sul livello del mare), risale al XVI secolo. Ha pianta quadrata, con spessori murari di oltre due metri che la rendevano una fortezza inserita nel sistema difensivo delle torri costiere contro gli attacchi dei pirati alla terraferma. Sfortunatamente, gli eventi che hanno caratterizzato lo sbarco degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale, l'incuria del tempo ed il disinteresse hanno trasformato la torre in un rudere, il cui muro, quasi intatto, al di sopra della ripida scogliera del versante nord è ancora il volto che l'isola offre al mare.
La riserva, istituita nel 1997 dalla Regione Siciliana e affidata alla LIPU dal 1998, è nata per tutelare il patrimonio floristico locale e favorire la sosta delle specie migratorie.
La flora presente sull'isola è costituita da 144-145 specie diverse alcune delle quali specifiche del luogo. Fra esse si possono ricordare l'asfodelo, l'iris, la salicornia, la speronella, la romulea, il ginestrino delle scogliere e molti altri. La superficie dell'isola presenta piccoli prati, cespugli di macchia mediterranea e prateria steppica nella parte più elevata. 
La fauna è costituita da specie stanziali e molte specie di uccelli migratori presenti in diverse epoche dell'anno. Fra i più diffusi si possono ricordare fra i rapaci la poiana ed il falco pellegrino mentre fra i migratori occorre sottolineare la presenza del cormorano, della garzetta, dell'airone cenerino oltre al martin pescatore ed altre specie meno comuni. Il fatto che l'isola non sia abitata costituisce uno dei motivi per cui queste specie vi sostano lungo la loro migrazione fra l'Africa ed il nord Europa. Fra le specie terrestri è ancora presente il coniglio selvatico, una specie di lucertola e numerosi coleotteri.
Sul fondale marino esiste una vasta gamma di fauna favorita dalla purezza delle acque e dalla limpidezza del mare. Fra le specie faunistiche si annovera la murena, l'aragosta e la cernia oltre ad altre specie di pesci di scoglio, cavalluccio marino, la stella marina e varie tipologie di molluschi. Si trovano inoltre colonie di gorgonia rossa, corallo rosso ed attinia.
I fondali, con profondità diverse fra la zona dell'isola fronteggiante la terraferma e quella affacciata sul mare aperto, presentano diversi reperti archeologici di età romana e greca a quelli di periodi più recenti. La limpidezza delle acque consente una visione eccellente ai sub che si immergono per godere delle bellezze naturali dei fondali dell'isola.
Isola delle Femmine ha un clima prettamente mediterraneo, e quindi caldo e secco in estate e con precipitazioni concentrate soprattutto nel semestre invernale. Nei mesi più freddi non sono infrequenti i temporali e le tempeste di vento, ma le temperature non scendono mai sotto lo zero. Il valore più basso registrato dalla storica stazione meteo di Isola delle Femmine è stato di +1,4 °C durante l'ondata di freddo (che portò la neve fin sulle coste) del 31 gennaio 1962. Le stagioni estive, anche se calde, sono costantemente ventilate (grazie anche alle brezze che soffiano frequentemente lungo le coste siciliane) e generalmente non eccessivamente umide, fattori che contribuiscono a rendere piacevole il soggiorno ai numerosi turisti che arrivano in zona. La media termica annuale è di circa 20 °C, il mese più freddo è gennaio ma le medie delle minime non scendono sotto i 10 °C, mentre agosto è il mese più caldo con massime intorno ai 31 °C e minime che si aggirano sui 22 °C. Mediamente cadono circa 650mm; il mese più piovoso è dicembre, quello più asciutto luglio.